Nuova pubblicazione su Frontiers della ricercatrice EBRI Francesca Malerba sul proNGF come potenziale biomarcatore nella malattia di Alzheimer

La diagnosi della malattia di Alzheimer, tra le principali malattie neurodegenerative diffuse nel mondo, arriva quando compaiono i primi sintomi: vuoti di memoria, disorientamento. Tardi, perché i danni del cervello, iniziati decenni prima, sono ormai a uno stadio avanzato. La diagnosi tardiva dell’Alzheimer è una delle cause dell’assenza di una cura efficace. La soluzione sarebbe quindi anticipare la diagnosi prima che i sintomi si facciano avanti, per intervenire in modo preventivo o terapeutico, rallentando o arrestando la progressione della malattia. Per questo motivo sono necessari nuovi “biomarcatori”, indicatori biologici (ovvero molecole misurabili) di uno stato di salute o di malattia (clicca qui per approfondire). Il proNGF, la proteina da cui si forma NGF, è da decenni considerato un promettente biomarcatore per l’Alzheimer. Il suo uso in campo diagnostico, però, è stato fino a oggi impedito dall’assenza di un metodo di misura efficace che potesse essere usato su pazienti ancora in vita: finora, infatti, gli studi su proNGF erano stati fatti su tessuti di pazienti post mortem. I problemi tecnici da superare per ottenere un buon metodo di misura di proNGF erano numerosi e complessi e descritti in una precedente pubblicazione di EBRI.

Dopo numerosi tentativi e un continuo lavoro di studio, il gruppo di ricerca dell’NGF Lab EBRI diretto da Francesca Malerba, e in collaborazione con il Prof. Antonino Cattaneo, è riuscito a mettere a punto un metodo di misura per il proNGF sensibile, affidabile e riproducibile, che supera tutti i problemi tecnici: la nuova metodica ha permesso di misurare questo biomarcatore in 112 campioni di fluido cerebrospinale di pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer e controlli ancora in vita. Un traguardo importante che permetterà non solo di valutare il proNGF come biomarcatore nella diagnosi precoce dell’Alzheimer, ma anche di approfondire il suo ruolo biologico nello sviluppo di questa malattia e di altre malattie neurodegenerative.

Il lavoro di EBRI è stato fatto grazie alle collaborazioni con  il team guidato dal Prof. Giancarlo Logroscino dell’ospedale Cardinal Panico di Tricase (Lecce) che ha selezionato i pazienti e fornito i campioni biologici e la facility di proteomica dell’Istituto Superiore di Sanità.

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